
Verena Poloni
Istat: Produzione industriale - gennaio 2024
A gennaio 2024 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dell’1,2% rispetto a dicembre. Nella media del trimestre novembre-gennaio si registra un calo del livello della produzione dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti.
L’indice destagionalizzato mensile mostra un aumento congiunturale solo per l’energia (+2,5%); viceversa, si osservano flessioni per i beni di consumo (-2,0%) e per i beni strumentali (-3,6%), mentre i beni intermedi risultano stabili.
Al netto degli effetti di calendario, a gennaio 2024 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 3,4% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22 contro i 21 di gennaio 2023). Si registra un lieve incremento tendenziale solo per l’energia (+0,4%); calano, invece, i beni intermedi (-2,5%) e in misura più accentuata i beni strumentali (-4,9%) e i beni di consumo (-5,4%).
Gli unici settori di attività economica in crescita tendenziale sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,0%), la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+1,1%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+0,6%). Le flessioni più ampie si registrano nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-15,2%), nell’attività estrattiva (-9,9%) e nell’industria del legno, della carta e della stampa (-8,0%).
N.B. Gli indici della produzione industriale sono diffusi nella nuova base di riferimento 2021=100. Gli aspetti metodologici connessi al cambio base degli indici sono illustrati nella Nota Informativa.
Testo integrale e nota metodologica
A partire dai dati di gennaio 2024, gli indici dei valori medi unitari e dei volumi del commercio estero e gli indici dei prezzi all’importazione sono diffusi nella nuova base di riferimento 2021=100.
A gennaio 2024 si stima una riduzione congiunturale per entrambi i flussi commerciali con l’estero, più intensa per le importazioni (-7,3%) che per le esportazioni (-3,2%). La flessione su base mensile dell’export è più ampia per i mercati extra-Ue (-4,0%) rispetto all’area Ue (-2,4%).
Nel trimestre novembre 2023-gennaio 2024, rispetto al trimestre precedente, l’export si riduce dell’1,6%, l’import del 4,0%.
A gennaio 2024, l’export in valore registra una modesta flessione su base annua (-0,2%; era -7,8% a dicembre); in volume, si riduce dell’1,8%. La lieve flessione delle esportazioni in termini monetari riguarda i soli mercati extra-Ue (-0,4%), mentre l’export verso i mercati Ue risulta stazionario. L’import registra una flessione tendenziale del 13,5% in valore – sintesi di una più ampia contrazione per l’area extra Ue (-19,3%) rispetto a quella Ue (-8,7%) – e del 5,2% in volume.
Su base annua, tra i settori che più contribuiscono a frenare l’export nazionale si segnalano articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici (-15,0%) e metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-7,9%). All’opposto, i contributi positivi maggiori derivano dall’aumento delle esportazioni di prodotti alimentari, bevande e tabacco (+14,0%), macchinari e apparecchi non classificati altrove (n.c.a.) (+6,2%), articoli di abbigliamento, anche in pelle e in pelliccia (+17,0%), articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti medici e altri prodotti n.c.a. (+15,7%) e autoveicoli (+12,9%).
Su base annua, la Cina (-46,1%) è il paese che fornisce il contributo negativo maggiore all’export nazionale. Flettono anche le esportazioni verso Germania (-2,9%) e Francia (-3,5%) mentre crescono quelle verso Stati Uniti (+14,5%), paesi OPEC (+26,3%) e Spagna (+9,2%).
La stima del saldo commerciale a gennaio 2024 è pari a +2.655 milioni di euro (era -4.236 milioni a gennaio 2023). Il deficit energetico (-4.233 milioni) è in forte riduzione rispetto a un anno prima (-7.760 milioni). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici sale da 3.524 milioni di gennaio 2023 a 6.888 milioni di gennaio 2024.
Nel mese di gennaio 2024, i prezzi all’importazione diminuiscono dello 0,9% su base mensile e del 7,0% su base annua (era -9,3% a dicembre 2023).
Istat: Commercio al dettaglio - gennaio 2024
A partire da questo mese gli indici delle vendite al dettaglio sono diffusi nella nuova base di riferimento 2021=100. Per i dettagli sul cambio base degli indici delle vendite al dettaglio si rimanda alla relativa Nota Informativa, diffusa unitamente a questa statistica flash.
A gennaio 2024 si stima, per le vendite al dettaglio, un calo congiunturale dello 0,1% in valore e dello 0,3% in volume. Le vendite dei beni alimentari sono stazionarie in valore e registrano una diminuzione dello 0,4% in volume, mentre quelle dei beni non alimentari subiscono una lieve flessione sia in valore (-0,1%) sia in volume (-0,2%).
Nel trimestre novembre 2023-gennaio 2024, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio aumentano in valore (+0,3%) e calano in volume (-0,1%). Si registrano variazioni di segno analogo sia per le vendite dei beni alimentari (rispettivamente +0,4% in valore e -0,3% in volume) sia per quelle dei beni non alimentari (+0,2% in valore e -0,1% in volume).
Su base tendenziale, a gennaio 2024, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,0% in valore e registrano un calo in volume del 2,1%. Le vendite dei beni alimentari crescono in valore (+2,4%) e diminuiscono in volume (-2,8%); quelle dei beni non alimentari calano sia in valore (-0,2%) sia in volume (-1,6%).
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee tra i gruppi di prodotti. L’aumento maggiore riguarda i Prodotti di profumeria, cura della persona (+5,8%), mentre registrano il calo più consistente Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,9%).
Rispetto a gennaio 2023, il valore delle vendite al dettaglio è in crescita per la grande distribuzione (+1,4%), per le vendite delle imprese operanti su piccole superfici (+0,5%) e il commercio elettronico (+1,0%), mentre diminuiscono le vendite al di fuori dei negozi (-0,4%).
A febbraio 2024 si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,1% su base mensile e di 0,8% su base annua (confermando la stima preliminare), come nel mese precedente.
Consulta il Testo integrale e nota metodologica
Istat: Il mercato del lavoro - IV trimestre 2023
Nel quarto trimestre 2023, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto al quarto trimestre 2022. Nello stesso periodo il Pil ha registrato una crescita sia in termini congiunturali (+0,2%) sia in termini tendenziali (+0,6%).
Nel quarto trimestre 2023, gli occupati aumentano in termini congiunturali di 144 mila unità (+0,6% rispetto al terzo trimestre 2023), a seguito della crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (+145 mila, +0,9%) e della sostanziale stabilità dei dipendenti a termine e degli indipendenti; in calo sia il numero di disoccupati (-36 mila, -1,8% in tre mesi) sia quello degli inattivi di 15-64 anni (-102 mila, -0,8%). I tassi presentano una dinamica simile: quello di occupazione sale al 61,9% (+0,4 punti), quello di disoccupazione scende al 7,4% (-0,2 punti) e il tasso di inattività 15-64 anni cala al 33,1% (-0,3 punti). Nei dati provvisori del mese di gennaio 2024, rispetto al mese precedente, si osserva la diminuzione degli occupati (-34 mila, -0,1%) e del relativo tasso (-0,1 punti) che si associa alla stabilità del tasso di disoccupazione e alla crescita del tasso di inattività 15-64 anni (+0,2 punti).
L’occupazione, nel quarto trimestre 2023, cresce anche in termini tendenziali (+533 mila, +2,3% in un anno), coinvolgendo i dipendenti a tempo indeterminato (+3,3%) e gli indipendenti (+1,3%), ma non i dipendenti a termine che diminuiscono (-1,4%); prosegue il calo dei disoccupati (-65 mila in un anno, -3,2%) e quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-496 mila, -3,9%). Tale dinamica si riflette nella crescita del tasso di occupazione (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre 2022) e nella diminuzione dei tassi di disoccupazione e di inattività (-0,4 e -1,2 punti, rispettivamente).
Dal lato delle imprese, in termini congiunturali le posizioni lavorative dipendenti crescono registrando un aumento pari allo 0,6%, incremento che caratterizza in egual misura la componente a tempo pieno e quella a tempo parziale. Anche in termini tendenziali si osserva una crescita significativa delle posizioni dipendenti, pari a 3% nel totale, lievemente superiore nella componente full time (+3,1%) rispetto ai part time (+2,6%). Le ore lavorate per dipendente aumentano in termini congiunturali (+0,6%) e, più intensamente, in termini tendenziali (+1,6%); aumenta il ricorso alla cassa integrazione (8,3 ore ogni mille ore lavorate). Il tasso dei posti vacanti cresce di 0,1 punti nel confronto congiunturale, restando invariato in quello tendenziale. Su base congiunturale, il costo del lavoro per Unità di lavoro equivalente a tempo pieno (Ula) aumenta dello 0,7%, quale risultato della crescita delle retribuzioni (+0,6%) e, in misura più sostenuta, degli oneri sociali (+1,2%); in termini tendenziali, l’aumento del costo del lavoro è più intenso, la crescita è del 3,4%, lievemente inferiore nella componente retributiva (+3,3%) rispetto agli oneri sociali (+3,6%).
Nella media del 2023, l’aumento del numero di occupati di 481 mila unità (+2,1%) si associa alla riduzione del numero di disoccupati (-81 mila, -4,0%) e a quella degli inattivi di 15-64 anni (-468 mila, 3,6%). Il tasso di occupazione 15-64 anni sale al 61,5% (+1,3 punti percentuali in un anno), quello di disoccupazione scende al 7,7% (-0,4 punti) e quello di inattività 15-64 anni al 33,3% (-1,1 punti). L’input di lavoro nelle imprese cresce: aumentano le posizioni dipendenti – del 2,9% – e il monte ore lavorate – del 4,9% (al netto degli effetti di calendario) – e diminuisce il ricorso alla Cig (-1,6 ore ogni mille lavorate) e al lavoro straordinario nell’industria (-0,3%).
Nel quarto trimestre 2023 si stima una forte crescita congiunturale delle esportazioni per il Centro (+7,1%), un aumento più contenuto per il Nord-ovest (+3,1%) e il Sud e Isole (+1,1%) e una flessione per il Nord-est (-1,5%).
Nel 2023, rispetto all’anno precedente, l’export nazionale in valore risulta stazionario ed è sintesi di dinamiche territoriali molto differenziate: l’aumento delle esportazioni è marcato per il Sud (+16,8%) e più contenuto per il Nord-ovest (+2,7%), mentre si registra una flessione per il Nord-est (-1,0%) e il Centro (-3,4%) e una netta contrazione per le Isole (-21,0%).
Nel complesso del 2023, le regioni più dinamiche all’export sono Campania (+28,9%), Molise (+21,1%), Calabria (+20,9%), Abruzzo (+13,6%), Piemonte (+9,1%), Toscana (+5,6%) e Basilicata (+5,5%); quelle che registrano le flessioni più ampie, Sardegna (-24,2%), Valle d’Aosta (-21,1%), Sicilia (-19,3%), Marche (-13,9%), Friuli-Venezia Giulia (-13,7%) e Lazio (-11,0%).
Nel 2023, l’aumento delle esportazioni di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici da Campania e Toscana e di autoveicoli da Piemonte e Campania fornisce un impulso positivo (per 1,5 punti percentuali) alle vendite nazionali sui mercati esteri; un ulteriore contributo positivo di un punto percentuale deriva dalle maggiori vendite di macchinari e apparecchi non classificati altrove (n.c.a.) da Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Toscana. All’opposto, la contrazione delle vendite di prodotti petroliferi raffinati da Sicilia e Sardegna (per 0,8 punti percentuali) e di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici da Marche e Lazio (per 0,7 punti percentuali) contribuisce a frenare l’export nazionale.
Nell’intero anno, i contributi positivi maggiori all’export nazionale derivano dall’aumento delle vendite delle Marche verso la Cina (+390,8%), della Campania verso Svizzera (+99,6%) e Stati Uniti (+53,4%), della Toscana verso gli Stati Uniti (+24,1%) e del Piemonte verso Francia (+15,2%), Germania (+9,3%) e paesi OPEC (+39,4%); quelli negativi più ampi dalle minori esportazioni della Toscana verso la Svizzera (-38,0%), delle Marche verso Belgio (-64,0%), Germania (-39,0%) e Stati Uniti (-33,2%), della Lombardia verso la Germania (-8,4%) e del Lazio verso il Belgio (-23,4%).
Nel 2023, le province che contribuiscono in misura maggiore a sostenere le vendite sui mercati esteri sono Napoli, Torino, Siena e Milano. Siracusa, Ascoli Piceno, Cagliari e Roma contribuiscono alla contrazione dell’export.
Istat: Nota mensile n. 1-2/2024
L’economia globale, a inizio 2024, resta penalizzata da una elevata incertezza sull’evoluzione delle tensioni geo-politiche e si caratterizza per prospettive di crescita moderate.
Lo scorso anno, l’Italia ha registrato un incremento annuo del Pil dello 0,9%, in decelerazione rispetto al 2022, ma superiore a quello della media dell’area euro (+0,4%).
Nel quarto trimestre del 2023, il valore aggiunto dell’industria in senso stretto ha mostrato una sostanziale stazionarietà. Il settore dei servizi si è stabilizzato, l’agricoltura ha registrato una contenuta flessione, mentre il comparto delle costruzioni ha continuato a crescere in misura rilevante (+4,7%).
In un contesto di generalizzata decelerazione degli scambi internazionali, sia le esportazioni sia le importazioni italiane in valore, nell’ultima parte del 2023, hanno confermato un ridimensionamento. La domanda estera netta ha comunque fornito un contributo positivo alla crescita del Pil.
Dopo sei mesi, a gennaio 2024 l’occupazione è diminuita lievemente (-0,1% sul mese precedente). La flessione ha coinvolto i soli uomini e gli individui con meno di 35 anni di età, i dipendenti a termine e gli autonomi. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 7,2%.
Da ottobre 2023, la crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) in Italia, unico tra i quattro maggiori paesi dell’area dell’euro, è stata inferiore al 2,0%, collocandosi al di sotto della media dell’area euro.
I segnali provenienti dalle indagini sul clima di fiducia sono discordanti. A febbraio 2024, la fiducia è peggiorata per le imprese mentre quella dei consumatori ha continuato a crescere, raggiungendo il livello più elevato da giugno 2023.
Focus: tra i principali paesi europei, negli ultimi anni, l’Italia ha registrato la crescita del settore delle costruzioni più elevata. Quest’ultimo ha mostrato un maggior dinamismo anche in confronto agli altri comparti dell’economia italiana, fornendo impulsi positivi all’occupazione e agli investimenti.
Pubblicato il rapporto statistico mensile della Banca d'Italia relativo ai principali indicatori economici italiani con dati aggiornati a febbraio 2024.
Istat: Conti economici trimestrali - IV trimestre 2023
Nel quarto trimestre del 2023 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nei confronti del quarto trimestre del 2022.
La crescita congiunturale del Pil diffusa il 30 gennaio 2024 era stata dello 0,2% mentre quella tendenziale era stata dello 0,5%. Il quarto trimestre del 2023 ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al quarto trimestre del 2022.
La variazione acquisita per il 2024 è pari a +0,2% (era stata stimata pari a +0,1% il 30 gennaio 2024).
Riguardo ai principali aggregati della domanda interna, sono in diminuzione rispetto al trimestre precedente i consumi finali nazionali dello 0,9%, mentre gli investimenti fissi lordi crescono del 2,4%, le importazioni dello 0,2% e le esportazioni dell’1,2%.
La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,2 punti percentuali alla crescita del Pil a seguito del contributo negativo di 0,8 punti percentuali dei Consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private. Per contro, sia gli investimenti fissi lordi sia la spesa delle Amministrazioni Pubbliche hanno fornito un contributo positivo alla crescita del Pil, rispettivamente pari a 0,5 e 0,1 punti percentuali. Positivo anche il contributo della domanda estera netta, che è risultato pari a 0,4 punti percentuali, mentre nullo è stato quello della variazione delle scorte.
Si registrano andamenti congiunturali negativi del valore aggiunto nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e nei servizi, in misura rispettivamente pari a 0,3% e 0,1%, a fronte di una crescita dell’1,1% nell’industria, sospinta dalla forte crescita nelle costruzioni.
Banca d'Italia: Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia - IV trimestre 2023
Secondo l’indagine condotta presso 1.501 agenti immobiliari dall’8 gennaio al 5 febbraio del 2024, la dinamica congiunturale dei prezzi degli immobili nel IV trimestre del 2023 si sarebbe nel complesso attenuata; restano prevalenti (oltre due terzi degli operatori) i giudizi di stabilità. La domanda è rimasta debole: nonostante il recupero rispetto al trimestre precedente, la quota di agenzie che hanno venduto almeno un’abitazione resta inferiore a quella registrata nello stesso periodo dello scorso anno per il quarto trimestre consecutivo. Circa il 40 per cento degli agenti ha registrato una riduzione sia dei nuovi incarichi a vendere sia dei potenziali acquirenti. La difficoltà di reperire il mutuo è la causa prevalente di cessazione dell’incarico a vendere per circa un terzo degli operatori e la percentuale di acquisti finanziati con mutuo si è attestata su valori bassi nel confronto storico. Tuttavia, secondo gli operatori vi sono segnali che l’evoluzione del mercato immobiliare nei primi tre mesi del 2024 sarebbe meno sfavorevole, in relazione sia al proprio mercato di riferimento sia a quello nazionale. Il mercato delle locazioni resta teso: le pressioni al rialzo sui canoni sono sostenute da una domanda robusta e da un calo dell’offerta, in parte connessa alla preferenza dei proprietari per affitti brevi.