
Verena Poloni
A gennaio 2025 si stima una crescita congiunturale più ampia per le importazioni (+3,2%) rispetto alle esportazioni (+0,6%). Il moderato aumento su base mensile dell’export è sintesi di un incremento per l’area Ue (+1,8%) e di una lieve riduzione per l’area extra-Ue (-0,6%).
Nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025, rispetto al precedente, sia l’export sia l’import crescono del 2,2%.
A gennaio 2025 l’export cresce su base annua del 2,5% in termini monetari, mentre si riduce del 2,6% in volume. La crescita delle esportazioni in valore è più intensa per i mercati extra-Ue (+3,3%) rispetto a quelli Ue (+1,9%). L’import registra un incremento tendenziale dell’8,8% in valore, determinato dall’aumento degli acquisti da entrambe le aree, più marcato per l’area extra-Ue (+18,0%) rispetto a quella Ue (+2,2%); in volume, le importazioni aumentano del 4,1%.
Tra i settori che più contribuiscono alla crescita tendenziale dell’export si segnalano: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+33,6%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+7,4%) e metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+6,4%). Si riducono su base annua le esportazioni di autoveicoli (-15,8%), coke e prodotti petroliferi raffinati (-16,7%), articoli di abbigliamento, anche in pelle e in pelliccia (-9,2%), macchinari e apparecchi non classificati altrove (n.c.a.) (-3,1%), e articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (-8,9%).
Su base annua, i paesi che forniscono i contributi maggiori all’incremento dell’export nazionale sono: Svizzera (+13,6%), Stati Uniti (+6,2%), Regno Unito (+12,1%), Cechia (+30,8%), paesi OPEC (+10,5%), Spagna (+4,8%) e Francia (+2,6%). All’opposto, la Cina (-24,1%) fornisce il contributo negativo più ampio.
Il saldo commerciale a gennaio 2025 è pari a -264 milioni di euro (era +2.495 milioni nello stesso mese del 2024). Il deficit energetico (-4.693 milioni) è superiore rispetto a un anno prima (-4.233 milioni). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici si riduce da 6.728 milioni di gennaio 2024 a 4.428 milioni di gennaio 2025.
Nel mese di gennaio 2025 i prezzi all’importazione aumentano dello 0,4% su base mensile e dell’1,4% su base annua (era +0,1% a dicembre 2024).
L’aggiornamento della base di calcolo a dicembre 2024 degli indici dei prezzi all’importazione – la base di riferimento resta 2021=100 come per gli altri indicatori congiunturali – è illustrato nella Nota informativa.
Nel mese di febbraio 2025, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,2% rispetto a gennaio 2025 e dell’1,6% rispetto a febbraio 2024 (da +1,5% del mese precedente); la stima preliminare era +1,7%.
Tra le trenta città capoluogo di regione, provincia autonoma e grandi comuni, Bologna, con una variazione tendenziale di +2,1%, come riportato nel comunicato stesso, si colloca al sesto posto della graduatoria decrescente delle città.
Consulta il Testo integrale e nota metodologica
Istat: Nota mensile n. 1-2/2025
A fine 2024 gli scambi internazionali di merci sono risaliti, ma le attese per il commercio globale restano negative e ulteriormente aggravate dalla possibile escalation delle tensioni commerciali e geopolitiche.
La crescita economica dell’area euro è stata rivista al rialzo nell’ultimo trimestre dell’anno, con prospettive in moderato miglioramento. Tuttavia, il dinamismo economico in Europa è risultato sensibilmente inferiore a quello di altre aree, quali Stati Uniti e paesi asiatici.
Nel 2024 il Pil dell’Italia è cresciuto in volume dello 0,7%, mostrando una progressiva decelerazione nel corso dell’anno.
L’indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato a gennaio un forte rimbalzo, con un aumento congiunturale del 3,2%, che ha più che compensato il marcato calo di dicembre (-2,7%).
La fiducia delle imprese è peggiorata in tutti i comparti a eccezione della manifattura. Quella dei consumatori, invece, ha mostrato un miglioramento, trainato soprattutto dalle valutazioni sulla situazione economica personale.
A gennaio si è registrata una crescita dell’occupazione, che ha coinvolto gli uomini, le donne e gli individui di tutte le età, ad eccezione dei 35-49enni. Per posizione professionale l’occupazione è salita sia tra i dipendenti sia tra gli autonomi.
Per l’intero 2024, a fronte di un incremento più contenuto dei prezzi, si è rilevato un forte aumento delle retribuzioni contrattuali in termini nominali (+3,1%). La crescita è stata più ampia nel settore privato (+4,0%).
A inizio anno, l’inflazione in Italia, seppure in leggero rialzo, è rimasta inferiore a quella media dell’area euro. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo ha segnato, sia a gennaio sia a febbraio, un incremento tendenziale del 1,7%.
Istat: Produzione industriale - gennaio 2025
A gennaio 2025 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti del 3,2% rispetto a dicembre. Nella media del trimestre novembre-gennaio il livello della produzione rimane invariato rispetto ai tre mesi precedenti.
L’indice destagionalizzato cala su base mensile solo per l’energia (-3,4%); mentre si osservano aumenti per i beni strumentali (+4,1%), i beni intermedi (+4,0%) e i beni di consumo (+2,6%).
Al netto degli effetti di calendario, a gennaio 2025 l’indice generale diminuisce in termini tendenziali dello 0,6% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 21 contro i 22 di gennaio 2024). Si registra una crescita esclusivamente per i beni di consumo (+0,4%); al contrario, diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali e l’energia (-0,8% per entrambi i raggruppamenti di industrie) e i beni intermedi (-0,6%).
I settori di attività economica che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+21,7%), l’industria del legno, della carta e stampa (+6,2%) e la fabbricazione di prodotti chimici (+4,3%). Le flessioni più ampie si rilevano nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-13,1%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-12,3%) e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-6,2%).
Gli indici della produzione industriale sono calcolati con il metodo del concatenamento introdotto a partire dalla pubblicazione dei dati relativi al mese di gennaio 2022. Da gennaio 2025, la base di calcolo è aggiornata all’anno 2024, mentre la base di riferimento, in linea con gli altri indicatori congiunturali, rimane l’anno 2021. Gli aspetti metodologici connessi all’aggiornamento della base di calcolo 2024 sono illustrati nella Nota Informativa diffusa unitamente a questa statistica flash.
Istat: Il mercato del lavoro - IV trimestre 2024
Nel quarto trimestre 2024, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% rispetto al quarto trimestre 2023. Nello stesso periodo il Pil è cresciuto dello 0,1% in termini congiunturali e dello 0,6% in termini tendenziali.
Il numero di occupati rimane sostanzialmente stabile rispetto al terzo trimestre 2024, a seguito della crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (+118 mila, +0,7%) che ha compensato la diminuzione dei dipendenti a termine
(-86 mila, -3,1%) e degli indipendenti (-36 mila, -0,7%); cala il numero di disoccupati (-36 mila, -2,3% in tre mesi) e aumenta quello degli inattivi di 15-64 anni (+46 mila, +0,4%). Simile la dinamica per i tassi: quello di occupazione rimane stabile a 62,4%, il tasso di disoccupazione scende al 6,1% (-0,1 punti) e quello di inattività 15-64 anni sale al 33,5% (+0,1 punti). Nei dati provvisori di gennaio 2025, rispetto al mese precedente, l’aumento degli occupati (+145mila, +0,6%) e del relativo tasso (+0,4 punti) si associa alla diminuzione del tasso di disoccupazione (-0,1 punti) e di quello di inattività 15-64 anni (-0,4 punti).
Nel confronto tendenziale rallenta la crescita del numero di occupati (+170 mila, +0,7% rispetto al quarto trimestre 2024), per effetto, anche in questo caso, dell’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato (+3,1%) e della diminuzione dei dipendenti a termine (-10,0%) e degli indipendenti (-0,4%); prosegue il calo del numero di disoccupati (-397 mila in un anno, -20,5%) e la crescita di quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+387 mila, +3,2%). Tale dinamica si riflette nell’aumento del tasso di occupazione (+0,2 punti in un anno), nel calo di quello di disoccupazione (-1,5 punti) e nella crescita del tasso di inattività (+0,9 punti).
Dal lato delle imprese, prosegue, a ritmi meno sostenuti rispetto al trimestre precedente, la crescita congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti (+0,4%), della stessa entità nelle sue componenti a tempo pieno e a tempo parziale. La crescita rallenta anche su base tendenziale attestandosi a 1,9%, in misura lievemente superiore nella componente part time (+2%) rispetto a quella full time (+1,8%).
Le ore lavorate per dipendente aumentano in termini congiunturali (+0,4%) ma diminuiscono in termini tendenziali (-1,0%); il ricorso alla cassa integrazione sale a 9,5 ore ogni mille ore lavorate (+1,8 ore). Il tasso dei posti vacanti raggiunge il 2,1%, aumentando di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale e diminuendo di 0,2 punti percentuali in quello tendenziale.
Il costo del lavoro per Unità di lavoro equivalente a tempo pieno (Ula) aumenta dello 0,2% su base congiunturale, sia nella componente delle retribuzioni (+0,2%) sia, in misura lievemente inferiore, in quella dei contributi sociali (+0,1%). Su base annua, sebbene in rallentamento rispetto alla forte crescita registrata nei due trimestri precedenti, il costo del lavoro mostra un aumento pari a 3,2%, quale effetto della crescita della componente retributiva (+3,1%) e di quella contributiva (+3,5%), influenzata dai rinnovi contrattuali.
Nella media del 2024, l’aumento del numero di occupati, pari a 352 mila unità (+1,5% in un anno), si associa alla riduzione del numero di disoccupati (-283 mila, -14,6%) e alla crescita di quello degli inattivi di 15-64 anni (+56 mila, +0,5%). Il tasso di occupazione 15-64 anni sale al 62,2% (+0,7 punti percentuali in un anno), quello di disoccupazione scende al 6,5% (-1,1 punti) e quello di inattività (15-64 anni) si attesta al 33,4% (+0,1 punti). L’input di lavoro nelle imprese cresce: le posizioni dipendenti aumentano del 2,3% e il monte ore lavorate del 2,8% (al netto degli effetti di calendario); diminuiscono lievemente il ricorso alla Cig (-0,4 ore ogni mille lavorate) e il ricorso al lavoro straordinario (-0,2%). Cresce in misura sostenuta il costo del lavoro (+3,4%), a seguito dei miglioramenti stabiliti nei rinnovi contrattuali registrati nell’anno.
Nel quarto trimestre 2024, rispetto al trimestre precedente, le esportazioni risultano in aumento per il Centro (+1,7%) e il Nord-est (+0,5%) e in flessione per il Nord-ovest (-0,8%) e il Sud e Isole (-0,2%).
Nel 2024, rispetto all’anno precedente, la lieve diminuzione dell’export nazionale in valore (-0,4%) è sintesi di dinamiche territoriali differenziate: la contrazione delle esportazioni è più ampia per le Isole (-5,4%) e il Sud (-5,3%), più contenuta per il Nord-ovest (-2,0%) e il Nord-est (-1,5%), mentre si rileva una forte crescita per il Centro (+4,0%).
Nel complesso del 2024, le flessioni più ampie delle esportazioni riguardano Basilicata (-42,4%), Marche (-29,7%) e Liguria (-24,1%); le regioni più dinamiche all’export, invece, sono Toscana (+13,6%), Valle d’Aosta (+11,1%), Calabria (+9,4%), Lazio (+8,5%) e Molise (+5,8%).
Nel 2024, le minori esportazioni di autoveicoli da Piemonte, Basilicata, Campania e Abruzzo (-0,9 punti percentuali) e la forte riduzione delle vendite di articoli farmaceutici,chimico-medicinali e botanici dalle Marche (-0,8 punti percentuali) contribuiscono a frenare l’export nazionale. All’opposto, gli aumenti delle esportazioni di articoli farmaceutici,chimico-medicinali e botanici da Toscana, Lazio e Campania (+1,0 punti percentuali) e di articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti medici e altri prodotti non classificati altrove (n.c.a.) dalla Toscana (+0,7 punti percentuali) forniscono un impulso positivo alle vendite nazionali sui mercati esteri.
Nell’intero anno, i contributi negativi più ampi all’export nazionale derivano dal calo delle vendite delle Marche verso la Cina (-91,9%), della Liguria verso gli Stati Uniti (-77,7%), della Toscana verso la Svizzera (-48,9%), del Piemonte verso Germania (-11,2%) e paesi OPEC (-34,4%) e della Campania verso gli Stati Uniti (-28,2%). Gli apporti positivi maggiori provengono dall’aumento delle esportazioni della Toscana verso Turchia (+242,9%) e Stati Uniti (+12,3%), della Campania verso la Svizzera (+26,1%), della Lombardia verso la Spagna (+11,1%) e del Lazio verso Belgio (+20,8%) e Stati Uniti (+35,7%).
Nel 2024, le province che più contribuiscono a frenare l’export nazionale sono Ascoli Piceno, Torino, Genova, Potenza, Siracusa e Ancona; all’opposto, quelle che maggiormente sostengono le vendite nazionali sui mercati esteri sono Arezzo, Firenze, Latina, Lodi e Monza e della Brianza.
Pubblicato il rapporto statistico mensile della Banca d'Italia relativo ai principali indicatori economici italiani con dati aggiornati a febbraio 2025.
Le Statistiche trimestrali, pubblicate come da calendario nel trimestre successivo a quello di riferimento, rappresentano una sintesi dell’andamento dei mercati immobiliari a scala nazionale, con dettagli per aree, capoluoghi e grandi città. Contengono i dati desunti dalle note di trascrizione degli atti di compravendita, registrati presso gli uffici di pubblicità immobiliare dell’Agenzia, incrociati con gli archivi del catasto edilizio urbano.
Dal 2017, le Statistiche trimestrali sostituiscono le Note trimestrali. Il nuovo prodotto editoriale si compone di due distinte pubblicazioni, la prima dedicata al settore Residenziale e l’altra al settore Non residenziale.
Tutti i dettagli al link dell'Osservatorio Mercato Immobiliare
Istat: Commercio al dettaglio - gennaio 2025
A gennaio 2025 si stima, per le vendite al dettaglio, una variazione congiunturale negativa sia in valore (-0,4%) sia in volume (-0,6%). Sono in calo sia le vendite dei beni alimentari (rispettivamente -0,3% in valore e -0,5% in volume) sia quelle dei beni non alimentari (-0,5% in valore e -0,7% in volume).
Nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio diminuiscono dello 0,1% in valore e dello 0,5% in volume. Le vendite dei beni alimentari aumentano in valore (+0,4%) e diminuiscono in volume (-0,6%), mentre quelle dei beni non alimentari registrano una flessione sia in valore sia in volume (rispettivamente -0,2% e -0,3%).
Su base tendenziale, a gennaio 2025, le vendite al dettaglio aumentano dello 0,9% in valore e calano dello 0,2% in volume. Le vendite dei beni alimentari sono in crescita del 2,1% in valore e sono stazionarie in volume, mentre quelle dei beni non alimentari non subiscono variazioni in valore e diminuiscono in volume (-0,3%).
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee tra i gruppi di prodotti. L’aumento maggiore riguarda Abbigliamento e pellicceria (+1,9%) e Prodotti farmaceutici (+1,8%), mentre registrano il calo più consistente Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (-3,5%) e Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-3,3%).
Rispetto a gennaio 2024, il valore delle vendite al dettaglio è in aumento per la grande distribuzione (+2,1%), non registra variazioni per le vendite delle imprese operanti su piccole superfici mentre è in calo per le vendite al di fuori dei negozi (-1,0%) e il commercio elettronico (-3,3%).
Istat: Conti economici trimestrali - IV trimestre 2024
Nel quarto trimestre del 2024 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2020, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è cresciuto dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nei confronti del quarto trimestre del 2023.
La crescita congiunturale del Pil diffusa il 30 gennaio 2025 era risultata nulla, mentre quella tendenziale era stata stimata pari allo 0,5%.
Il quarto trimestre del 2024 ha avuto due giornate lavorative in meno del trimestre precedente e due giornate lavorative in più rispetto al quarto trimestre del 2023.
La variazione acquisita per il 2025 è pari allo 0,1% (era stata stimata nulla il 30 gennaio 2025).
Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono risultati in aumento, con una crescita dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dell’1,6% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, dello 0,4% e dello 0,2%.
La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per 0,5 punti percentuali alla crescita del Pil: +0,1 i consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, +0,4 gli investimenti fissi lordi e contributo nullo della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP). Per contro, la variazione delle scorte ha sottratto 0,4 punti percentuali alla variazione del Pil, mentre il contributo della domanda estera netta è risultato positivo nella misura di 0,1 punti percentuali.
Si registrano andamenti congiunturali negativi del valore aggiunto in agricoltura e servizi, diminuiti rispettivamente dello 0,7% e dello 0,1%, mentre l’industria è cresciuta dello 0,9%.
L’andamento del PIL negli altri paesi
Nel quarto trimestre, il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti, mente è diminuito dello 0,1% in Francia e dello 0,2% in Germania. In termini tendenziali, si è registrata una crescita del 2,5% negli Stati Uniti e dello 0,7% in Francia, e una diminuzione dello 0,2% in Germania. Nel complesso dei paesi dell’area Euro il Pil è cresciuto dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% nel confronto con il quarto trimestre del 2023.
Il PIL e le componenti della domanda
Dal lato della domanda, le esportazioni di beni e servizi sono diminuite in termini congiunturali dello 0,2%, mentre gli investimenti fissi lordi sono cresciuti dell’1,6% e i consumi finali nazionali dello 0,2%. In diminuzione anche le importazioni dello 0,4%. Nell’ambito dei consumi finali, sia la spesa delle famiglie residenti e delle ISP, sia quella delle AP sono cresciute dello 0,2%.
L’andamento positivo degli investimenti è stato determinato soprattutto dalla spesa per impianti, macchinari e armamenti cresciuti del 3,2%, di cui la componente dei mezzi di trasporto è cresciuta dello 0,1%, e da quella dei fabbricati non residenziali e altre opere, cresciute del 4,1%. In calo gli investimenti in abitazioni dell’1,4%, in risorse biologiche coltivate in calo dello 0,6%, mentre quelli in prodotti di proprietà intellettuale sono cresciuti dello 0,3%.
La spesa delle famiglie sul territorio economico ha registrato una crescita in termini congiunturali dello 0,2% (si veda la tabella 13 allegata). In particolare, gli acquisti di beni durevoli sono cresciuti dello 0,2% e quelli di servizi dello 0,4%, quelli di beni non durevoli sono diminuiti dello 0,1% e quelli dei beni semidurevoli dello 0,4%.